S.O.G.IT Croce di San Giovanni, la testimonianza della sezione di Moncalieri

Mai come nelle parole di Pasqualino Mansueto presidente della sezione di Moncalieri della S.O.G.IT Croce di San Giovanni dei Giovanniti, si percepisce come la pandemia di coronavirus anche a Torino e dintorni abbia avuto davvero una Fase 1 e ora una Fase 2. Una fase acuta, in cui emergenza e incertezza l’hanno fatta da padrone, e una fase in cui interventi e chiamate sono diventate non più semplici ma sicuramente più gestibili.

Mansueto racconta così questi difficili mesi: “Abbiamo passato un momento di grande difficoltà, le chiamate sono state tantissimi e altrettante le nostre uscite. Senza contare che anche in piena emergenza coronavirus abbiamo cercato di offrire i servizi che garantivamo prima: così ad esempio oltre al servizio in supporto al 118 abbiamo continuato a portare in ospedale i dializzati. Ci sono stati momenti in cui le ambulanze in servizio sono state due e molte volte abbiamo dato la nostra disponibilità per operare anche fuori dalla zona di Moncalieri di nostra competenza e infatti diverse nostre uscite hanno interessato Torino Sud. Ci sono stati giorni in cui abbiamo fatto anche 15 interventi, quando ora in media ne facciamo 8”. 

Mansueto racconta poi quali sono state le difficoltà che hanno contraddistinto il primo periodo dell’emergenza: “Senza alcuna forma di giudizio, anzi, abbiamo dovuto inizialmente confrontarci con l’indisponibilità di qualche volontario: c’è chi per paura ha preferito non prestare servizio. Una scelta legittima”. Ancora Mansueto: “La vera grande difficoltà però è stata la comunicazione con le persone. Era percepibile la paura, solo che questa produceva comportamenti per noi molto rischiosi: in tanti a cui abbiamo prestato soccorso fino all’ultimo hanno negato la presenza di sintomi o sottovalutavano la necessità di avere delle protezioni. Abbiamo fatto in più di un’occasione fatica a tirare fuori le notizie dal paziente, in molti davvero avevano paura che potessero essere trasferiti immediatamente in ospedale”. 

Nonostante il rischio, nessun volontario ha contratto il virus; così Mansueto: “Non si è registrato nessun infetto tra di noi, ulteriore prova del fatto che si è lavorato bene e con attenzione”. Merito anche di una strategia di intervento collaudata: “Dopo aver citofonato facciamo tutte le domande di rito; chiediamo la presenza di tosse, febbre, diarrea, problemi respiratori; successivamente uno di noi munito di mascherina ffp2, visiera e guanti entra per la misurazione della temperatura e per fare mettere i dispositivi di protezione personale a tutte le persone presenti in casa. Solo dopo interviene la squadra”.

Mansueto poi mette il dito nella piaga del rincaro dei costi: “Siamo una realtà associativa molto piccola per cui dobbiamo cercare di fare tutto con le nostre forze. Dispiace vedere che ci sia stato un rincaro su materiale che serve per fare gli interventi: noi le prime tute le abbiamo pagate 5 euro, mentre ora le troviamo a 17; così come i guanti, un tempo acquistabili anche con 3,5 euro e ora a 10 euro. Sicuramente per noi è stato importante l’aiuto ricevuto  dalla Protezione Civile e dai Carabinieri di Chieri che ci hanno fornito un liquido igienizzante per le mani, mentre grazie alle donazioni di Specchio dei Tempi abbiamo potuto avere le mascherine”.

Nonostante il periodo congestionato la sezione di Moncalieri della S.O.G.IT Croce di San Giovanni ha organizzato corsi di formazione per inserire nuovi volontari nelle squadre di intervento. Mansueto racconta così l’iniziativa: “I nostri corsi prevedono come sempre 50 ore di teoria e 50 di attività sul campo nell’arco di sei mesi. Vogliamo e desideriamo davvero che i nostri volontari siano preparati e formati. La selezione prevede anche una grande attenzione all’empatia che bisogna avere con le persone che si soccorrono. Vogliamo dai nostri volontari non solo competenza, ma anche sensibilità: il paziente deve essere sempre trattato come se fosse un nostro familiare. In ogni caso in questa particolare circostanza i volontari alle prese con il corso di formazione intervenivano in terza battuta, di fatto erano degli osservatori attivi; erano operativi, ma nello stesso tempo protetti dai potenziali rischi di questa situazione”.

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