“Noi speriamo che ce la caviamo da soli”: la Cpd per l’autonomia delle persone con disabilità

La partecipazione al progetto Noi speriamo che ce la caviamo da soli… nasce dall’impegno della Consulta per le Persone in Difficoltà di trovare risposte alle richieste di individuazione di percorsi di autonomia sempre maggiormente presentate agli sportelli della CPD.

“Noi speriamo che ce la caviamo da soli…” ha preso avvio nell’agosto 2018 grazie al sostegno del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e si concluderà a febbraio 2020 per una attività totale di 18 mesi. È un progetto nazionale, articolato in 12 regioni e sviluppato da 13 associazioni – capofila l’Aias di Pesaro – che operano nel mondo della disabilità e che, ognuna nel proprio territorio, hanno dato vita a una serie di iniziative, tutte poi messe in rete fra loro in un sistema di confronto e scambio di buone pratiche su scala nazionale; questo dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, dalla Puglia al Piemonte, così da elaborare un modello consolidato e replicabile, verso una filosofia di “vita autonoma” che dagli anni ’80 ha sempre più fatto strada nell’Unione Europea.

Gli individui direttamente interessati sono 52, mentre quelli coinvolti nel processo più ampio di indagine e promozione sono 208. Inoltre, sono 158 i volontari e 26 gli operatori attivi. L’obiettivo del progetto è favorire l’autonomia e la libertà di scelta in modo graduale, già prima del “Dopo di noi”, senza attendere che essa si imponga improvvisa col venir meno del sostegno familiare.

La CPD ha intrapreso questo percorso in Piemonte, nella città di Torino, in stretta collaborazione con l’Associazione I Buffoni di Corte e l’Associazione Diritti Negati.
“Elaborare percorsi di autonomia che mettano al centro dell’attenzione le necessità del singolo, considerando aspirazioni, desideri e reale fattibilità è la sfida che abbiamo voluto intraprendere” ha dichiarato Gabriele Piovano, presidente CPD.

Quattro i protagonisti che sono stati coinvolti sul territorio: tre con la sindrome di Down, Arianna 18 anni, Martina 19, entrambe con diploma di scuola secondaria di I grado, e Valentina 31 anni con diploma di scuola secondaria di II grado come Andrea, un ragazzo di 21 anni con una disabilità media intellettiva. Tutti uniti, oltre che dal desiderio di essere considerati il più possibile adulti e autonomi, dalla passione per l’arte, chi più declinata verso la danza e chi più nei confronti del teatro e della giocoleria.

Per ciascuno di loro, partendo dall’analisi del livello iniziale di autonomia e dei dati ottenuti con la compilazione del Personal Outcomes Scale sono stati rilevati degli obiettivi da raggiungere attraverso la messa in atto di attività da svolgere, tra i mesi di maggio e di gennaio, nelle seguenti aree educative: comunicazione; orientamento; comportamento stradale; utilizzo del denaro; uso degli esercizi di pubblica utilità, dei mezzi di trasporto e dei servizi; comportamento e regole di coabitazione.
Le attività, nelle quali i protagonisti sono coinvolti, si esplicano durante il seguente percorso:
– percorso di autonomia – frequenza settimanale di 3 ore utile alla propedeutica;
– weekend di autonomia abitativa – frequenza mensile, sabato e domenica, in un alloggio ubicato a Torino, in zona comoda per gli spostamenti con i mezzi pubblici e ben servita dal punto di vista commerciale, utile a incrementare la conoscenza del quartiere e valida palestra per mettere in pratica quanto appreso durante la fase propedeutica, ossia pulizia personale, pulizia della casa, spesa, gestione degli orari e del tempo libero.
– soggiorni estivi al mare (Riccione) e in montagna (Fraisse-Pragelato), ciascuno della durata di una settimana, organizzati in modo da consentire all’intero gruppo di volontari e di protagonisti di vivere una vacanza tra amici con esperienze di integrazione sociale e di autonomia al di fuori della quotidianità. Tra queste, oltre ad attività di avvicinamento all’autonomia e di coabitazione assistita vengono proposte diverse attività ludico-creative-ricreative di gruppo, senza naturalmente perdere di vista le finalità educative attraverso il rispetto delle regole di gioco, visto anche come un importante strumento di crescita personale, e della condivisione dello spazio e del tempo.

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